Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 1-00026

Atto n. 1-00026

Pubblicato il 21 febbraio 2023, nella seduta n. 40

D'ELIA, MALPEZZI, CRISANTI, RANDO, VERDUCCI, ASTORRE, DELRIO, FINA, FURLAN, GIACOBBE, LA MARCA, LOSACCO, MARTELLA, NICITA, PARRINI, ROJC, ROSSOMANDO, VALENTE, VERINI, ZAMBITO, ZAMPA

Il Senato,

premesso che:

la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023), ha operato notevoli tagli che avranno ripercussioni negative sul settore dell'istruzione: c'è una riduzione di 5 milioni di euro per il 2023, 13,4 milioni per il 2024 e 20,2 milioni per il 2025 del fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione e si prefigura inoltre, a decorrere dal 2026, un taglio permanente del medesimo fondo pari a 18,2 milioni di euro annui;

il Governo, introducendo nella legge di bilancio una nuova disciplina relativa alla determinazione dei criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni ha approvato, di fatto, la riduzione non solo delle sedi (che verranno inevitabilmente accorpate), ma anche del numero dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, che saranno quasi dimezzati rispetto ad oggi: si passerà, infatti, dai 6.490 del 2024-2025, ovvero il primo anno in cui entreranno in vigore le norme della manovra per il 2023, fino ai 3.144 del 2031-2032, quindi 3.346 dirigenti scolastici, una scelta che aggraverà ulteriormente la situazione di territori già in difficoltà, come le aree interne ed il Mezzogiorno;

premesso inoltre che:

i provvedimenti in materia di rinnovo contrattuale dei docenti stanziano solo 150 milioni di euro per l'anno 2023, invece dei 300 milioni attesi, attingendo a parte delle risorse già stanziate per la valorizzazione della professionalità del docente dal Governo Draghi nella legge di bilancio per il 2022, senza aggiungere fondi ulteriori;

negli ultimi giorni, in seguito alle recenti dichiarazioni del Ministro dell'istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, che ha ipotizzato stipendi diversi per gli insegnanti a seconda delle zone dove prestano servizio, è emersa la questione delle "gabbie salariali";

proprio perché ritenuti iniqui e responsabili dell'aggravamento del divario fra Nord e Sud, da oltre 50 anni in Italia non vi sono più stipendi differenziati su base regionale o provinciale per prestazioni di lavoro dello stesso tipo;

le retribuzioni variabili in base al territorio produrrebbero discriminazioni inaccettabili, legittimando la presenza di scuole di serie A e scuole di serie B. Una tale, inqualificabile, proposta avrebbe l'effetto di accentuare ancora di più l'esodo degli insegnanti del Sud verso gli istituti del Nord, producendo un danno incalcolabile per il sistema scolastico del Mezzogiorno e acuendo le disuguaglianze di opportunità nel Paese;

la questione relativa alla retribuzione dei docenti è certamente un'emergenza, ma non in relazione alle differenze di costi che gli insegnanti sostengono a seconda di dove vivano, ma perché quelle del nostro Paese sono tra le più basse retribuzioni dell'Unione europea;

l'ultimo rapporto promosso dall'OCSE, che analizza e confronta i sistemi scolastici dei principali Paesi d'Europa e del mondo, conferma il dato negativo delle retribuzioni degli insegnanti italiani che risultano essere molto distanti rispetto a quelle delle colleghe e dei colleghi degli altri Paesi. Queste differenze sono presenti ed evidenti in tutti i gradi di scuola, dalla scuola dell'infanzia alle scuole superiori;

nella scuola primaria la differenza tra lo stipendio medio annuale di una/un docente italiana/o e quella degli omologhi dell'area OCSE è in media del 15 per cento inferiore; altrettanto evidenti sono le differenze per i docenti della scuola secondaria di primo grado: in Italia l'insegnante percepisce il 13 per cento in meno rispetto ai colleghi dei Paesi OCSE e il 12 per cento in meno rispetto ai colleghi dei Paesi europei; anche i docenti delle scuole secondarie di secondo grado in Italia percepiscono il 14 per cento in meno rispetto ai docenti dei Paesi OCSE e il 13 per cento in meno rispetto ai docenti europei;

il rapporto dell'OCSE non si limita ai confronti internazionali, ma offre anche una significativa comparazione all'interno dello stesso Paese tra gli stipendi dei docenti e quello dei lavoratori con pari livello d'istruzione. Confrontato lo stipendio degli insegnanti con la retribuzione di altri professionisti con il medesimo titolo d'istruzione universitaria, emerge che in Italia, a parità di titolo di studio, gli insegnanti risultino pagati molto meno;

considerato che:

le dichiarazioni e alcuni degli interventi già messi in atto nei primi mesi di governo delineano, al di là delle dichiarazioni rese alla stampa, la volontà politica di un Esecutivo disinteressato ad intervenire per superare le numerose criticità che toccano il settore dell'istruzione, a cominciare dalle urgenze legate alla dispersione scolastica, alla povertà educativa e alle disuguaglianze territoriali;

dal rapporto di "Save the Children" intitolato "Alla ricerca del tempo perduto - Un'analisi delle disuguaglianze nell'offerta di tempi e spazi educativi nella scuola italiana" emergono dati preoccupanti sullo stato dell'educazione scolastica nel nostro Paese visto che i territori dove la povertà minorile è più forte sono quelli dove la scuola è più povera, privata di tempo pieno, mense e palestre, e confermano, inoltre, quanto la privazione educativa sia strettamente legata a quella materiale e come un'offerta adeguata di spazi e servizi educativi a scuola potrebbe fare la differenza nello spezzare tale legame ed offrire opportunità di apprendimento eguali anche alle studentesse e agli studenti più svantaggiati;

l'assenza di risorse stanziate, le dichiarazioni del ministro Valditara e le anticipazioni relative alla proposta di riforma in materia di autonomia differenziata, avanzata dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, prefigurano che anche l'istruzione rientri tra le materie oggetto di trasferimento dallo Stato alle Regioni, con il rischio di avviare un processo di regionalizzazione della scuola che deve, invece, continuare ad essere nazionale e pubblica, presidio insostituibile per garantire e rafforzare l'unitarietà dello Stato, l'uguaglianza di opportunità dei suoi cittadini, la promozione su base nazionale del diritto allo studio e alla conoscenza, contrastando le disuguaglianze, senza penalizzare ulteriormente le regioni del Sud a vantaggio di quelle del Nord,

impegna il Governo:

1) al fine di dare centralità all'istruzione pubblica, a reperire risorse adeguate e ad innalzare le retribuzioni, portandole al livello europeo, nonché a definire incarichi e progressione di carriera del personale scolastico, attraverso un incremento, stabile, delle risorse stanziate dall'articolo 1, comma 561, della legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) per il rinnovo contrattuale;

2) a riconsiderare, attraverso ulteriori iniziative normative, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 557, della citata legge di bilancio relative al dimensionamento scolastico, al fine di sostenere la rete e i servizi scolastici e di evitare la conseguente riduzione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, rivedendo i criteri di cui alla medesima disposizione così da non penalizzare, inevitabilmente, le aree interne e il Mezzogiorno;

3) a prevedere che, per effetto del progressivo calo demografico, siano rimodulati i parametri relativi al numero di alunni per classe, riducendone il numero, anche modificando le disposizioni del decreto ministeriale n. 81 del 20 marzo 2009, in modo che le eventuali risorse risultanti dalla riduzione della spesa per l'istruzione, conseguente al calo demografico, siano reinvestite nel medesimo settore a beneficio dei giovani e delle future generazioni;

4) a reperire risorse adeguate finalizzate ad arrivare alla progressiva e piena attuazione del piano nazionale per la promozione del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino a 6 anni, implementando le risorse del fondo nazionale dirette a garantire la progressiva gratuità dei servizi educativi 0-3 anni a favore dei nuclei familiari a basso ISEE, con particolare attenzione all'offerta formativa nel Sud del Paese, ed una scuola dell'infanzia (3-6 anni) ad accesso universale e gratuito;

5) a reperire risorse adeguate ad assicurare il diritto all'istruzione per le bambine e i bambini, su tutto il territorio nazionale, elemento fondamentale per colmare il divario tra Nord e Sud, ed assicurare la costruzione di una scuola realmente inclusiva, che coinvolga tutti gli alunni con particolare attenzione agli alunni con disabilità, sostenendo le famiglie con azioni concrete, quali l'incremento dei servizi di refezione scolastica, la gratuità dei servizi di trasporto e dei libri di testo e la garanzia del tempo pieno;

6) a disporre un adeguamento quantitativo delle risorse da destinare al comparto della scuola indicando, come obiettivo programmatico di lungo termine, il raggiungimento del valore della media europea dell'indice di spesa per l'istruzione in rapporto al prodotto interno lordo.