Legislatura 19ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-01289
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Atto n. 3-01289
Pubblicato il 30 luglio 2024, nella seduta n. 212
ALFIERI, DELRIO, LA MARCA, TAJANI, VERDUCCI, MANCA, ROSSOMANDO, FRANCESCHELLI, MARTELLA, GIACOBBE, ZAMPA, PARRINI, ROJC, RANDO, CAMUSSO, MALPEZZI, BASSO, LOSACCO, FURLAN, CRISANTI - Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'interno. -
Premesso che:
con il decreto 7 maggio 2024, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministero dell’interno e quello della giustizia, ha emanato l’atto di aggiornamento periodico della lista dei Paesi di origine sicuri per i richiedenti protezione internazionale, di cui all’articolo 2-bis, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;
il decreto da un lato conferma tutti i Paesi già presenti nel precedente, dall’altro ne ha aggiunto altri sei, ovvero Bangladesh, Camerun, Colombia, Egitto, Perù e Sri Lanka;
come anche evidenziato da diverse associazioni, il Governo ha classificato “sicuri” i Paesi da cui provengono più richiedenti asilo, basandosi principalmente, se non esclusivamente, sull’incremento delle domande di asilo nell’ultimo anno. Al contrario, sarebbero state tenute in scarsa considerazione comprovate situazioni di instabilità e di violazione sistematica dei diritti umani che caratterizzano la quasi totalità dei Paesi recentemente aggiunti, nonché di alcuni già ascritti all’elenco, in tal senso basti pensare alla Tunisia, dove si registra una perdurante situazione di sospensione delle garanzie democratiche;
l’aggiornamento della lista dei Paesi ritenuti “sicuri” è previsto quando il Governo venga a conoscenza di nuovi elementi, che lasciano presagire un sostanziale miglioramento nella tutela dei diritti umani in uno degli Stati posti sotto osservazione. Qualora tali condizioni vengano meno, e si rilevino atti di persecuzione politica, tortura o trattamenti inumani o degradanti, si provvede all’immediata esclusione del Paese dalla lista;
come evidenziato dall’ASGI nelle schede del Ministero invece tali considerazioni non sembrano esserci, stante la presenza di diversi Paesi nei quali si registra una forte instabilità interna, o ancora altri, nei quali si registrano sistematiche violazioni quali arresti arbitrari, detenzioni illegali, maltrattamenti e sparizioni. Appare dunque evidente, come le schede compilate dalla Farnesina a supporto del decreto di aggiornamento dei Paesi “sicuri” presentino diverse criticità, apparendo peraltro anche contradditorie nelle sue risultanze, stante la massiccia raccomandazione di eccezioni da parte delle unità periferiche del Ministero;
tra i Paesi di origine sicura continua a figurare, oltre alla Tunisia, anche la Nigeria, caratterizzata da una crescente diffusione del terrorismo jihadista per mano di gruppi come Boko Haram e Iswap, da continui sequestri di persona. In merito alla Nigeria, secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano “Domani” in data 16 luglio, le schede del Ministero preciserebbero che la violenza domestica è diffusa, la libertà di espressione come la libertà di stampa limitata e i diritti della comunità LGBTQ+ negati. Osservazioni che non hanno portato all’esclusione della Nigeria dall’elenco dei Paesi sicuri;
secondo quanto riportato dal predetto articolo, l’Egitto sarebbe stato inserito nell’elenco su richiesta del Ministero dell’interno, nonostante ben 41 organizzazioni della società civile abbiano chiesto di non procedere in tal senso. Nella scheda Paese del Ministero degli affari esteri si leggerebbe, invece, che l’Egitto rientra tra i Paesi con il più alto numero di esecuzioni capitali e che il Comitato sulla tortura delle Nazioni unite “ha espresso preoccupazioni” riguardo agli episodi diffusi di violenza nei confronti di avvocati per i diritti umani, attivisti per la difesa dei diritti, giornalisti e oppositori politici. E ancora, sarebbe evidenziato come nel Paese siano stati segnalati episodi di violazioni nei confronti di avvocati, attivisti per la difesa dei diritti, giornalisti e politici di opposizione. Tuttavia, l’Egitto compare ugualmente inserito nella lista dei Paesi di origine sicuri;
alla luce del processo di esternalizzazione delle frontiere sancito dal protocollo d’intesa con l’Albania, le numerose incongruenze riscontrate in sede di formulazione del decreto e riportate dal quotidiano parrebbero sottendere un disegno politico volto a configurare ulteriori impedimenti all’afflusso di migranti via mare e aumentare il bacino di potenziali richiedenti asilo sottoposti a procedure accelerate di frontiera. L’allargamento del novero dei Paesi reputati “sicuri”, si profila dunque come un ulteriore restringimento del campo dei diritti dei migranti;
rilevato che:
occorre, inoltre, evidenziare come la lista dei Paesi sicuri non parrebbe tenere conto delle possibili ricadute in termini di contenziosi legali. In particolare si evidenzia come lo scorso mese di marzo il Tribunale de L’Aquila, in accoglimento del ricorso proposto da un cittadino tunisino, nel riconoscere la protezione speciale al medesimo, si è soffermato sulla reale situazione oggi presente in Tunisia, non mancando di contestarne l’inserimento nella lista dei “Paesi sicuri” del decreto ministeriale del 17 marzo 2023;
il Tribunale, nel motivare la decisione assunta, ha evidenziato come “Invero nel recente periodo, si sono verificati in Tunisia eventi che hanno deteriorato il tasso di democraticità del Paese e una palese violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali”,
si chiede di sapere:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e in caso di risposta affermativa quali siano i criteri seguiti dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nella scelta dei Paesi da indicare come “sicuri”;
se corrisponda al vero il fatto che l’Egitto sarebbe stato inserito nella lista a seguito di specifica richiesta del Ministro dell’Interno, nonostante le pesanti criticità evidenziate dalle schede della Farnesina;
se il Ministro degli affari esteri non ritenga opportuno procedere ad un aggiornamento dei Paesi di origine sicuri per i richiedenti protezione internazionale in coerenza con i principi nazionali e sovranazionali in materia, anche alla luce della più recente giurisprudenza di merito del nostro Paese.